About me

Questo spazio nasce con l'intenzione di condividere due mie grandi passioni: leggere e scrivere.
Qui troverete le recensioni dei libri che il destino mette sul mio cammino, quelli che scelgo per istinto in libreria o che mi sono stati consigliati.
Che siano classici o novità non ha importanza, l'importante è mantenere vivo l'amore per la lettura.
In più ogni tanto troverete le mie annotazioni, il mio punto di vista su ciò che mi circonda, ciò che coglie il mio sguardo sul mondo, come fosse un piccolo diario.
Il mio nome è Anna e vi do il benvenuto nel mio grande mondo!

Anna Crisci è nata a Firenze nel 1967, dove vive tuttora.
Autrice di commedie teatrali, scrive recensioni e
consigli di lettura sul sito Firenze Formato Famiglia e gestisce questo blog che è anche pagina Facebook dove tratta,
tra l'altro, di libri e spettacoli teatrali. Con il gruppo
ConsapevolMente si occupa di organizzare eventi per promuovere la figura femminile e la difesa della donna.
Nel 2017 ha partecipato con due
racconti all'antologia tutta al femminile “Squilibri”, edita
dalla Porto Seguro e ha pubblicato il suo primo romanzo "La lista di Clelia" anch'esso edito da Porto Seguro.



sabato 28 novembre 2015

Con rispetto parlando

Chi non vorrebbe una domestica come Laurinda?
Sullo sfondo della bellissima Lisbona, una storia dalla quale traspare con umorismo tutta l'anima portoghese.
Una lettura piacevole, scorrevole e che ci fa capire quanto "gli uomini, in fondo, sono tutti uguali" 


Segreta Penelope

In ogni donna si nasconde una segreta Penelope, spetta ad ogni donna accettarlo o meno.
Quanto le donne siano inscritte in regole imposte dalla società e alle quali viene fatto credere che tutto il resto è sbagliato, possono rendersene conto solo le "Penelope" che sono stanche di aspettare.

Alicia Giménez-Bartlett ci racconta la storia di Sara attraverso gli occhi degli amici riunitisi al suo funerale.


1933 Un anno terribile

Chi ha amato il Giovane Holden di Salinger non può non apprezzare questo piccolo capolavoro di Fante.  

L'anno terribile di Dominic segna l'inizio dell'età adulta, quel passaggio tra gioventù e maturità dal quale, una volta attraversato, non è possibile tornare indietro.


domenica 20 settembre 2015

Pesciolini birichini

Se vi trovate in centro a Firenze e siete stanchi del solito e ripetitivo struscio, vi consiglio di fare una sosta in un posticino piacevole e rilassante.
 
Preso letteralmente d'assalto dai turisti, ma ben frequentato anche dai fiorentini, si trova in Via de Rondinelli 22 rosso e si tratta del Florence Fish Kiss www.florencefishkiss.onweb.it che ha da poco compiuto un anno di attività.
 
 

Mi ci sono trovata un sabato pomeriggio con due amiche e abbiamo scelto l'opzione da 15 minuti, ma una volta immersi i piedi in vasca abbiamo subito capito che con un trattamento così si potrebbe andare ad oltranza, dato il piacevole contatto con questi pesciolini d'acqua dolce dal nome molto Disney, Garra Rufa.

Per tranquillizzare i più schizzinosi posso dire che, a parte un leggero solletico iniziale, senza denti ripuliscono i piedi rilasciando una sostanza che li rende morbidi e setosi.
La sensazione finale è molto rilassante, ve lo assicuro.

Ad accogliervi troverete personale gentile, attento e disponibile a rispondere a tutte le vostre curiosità e sarà molto facile che ci torniate.

Fateci un salto e visto il successo riscontrato vi consiglio di fissare un appuntamento.

domenica 6 settembre 2015

Sei una brava moglie?

Ultimamente mi è saltata all'occhio la marea di test che sta imperversando sui social, del tenore seguente:
- Quale eroina della letteratura sei?
- Quanto ti intendi di moda?
- Sei una buona madre?
ma sopratutto il mio preferito in assoluto: Sei una brava moglie?

Iniziamo da "Quale eroina della letteratura sei?"
Ci tengo a mettere in chiaro che amo ogni personaggio femminile che la letteratura descriva, qualsiasi siano le sue caratteristiche e debolezze e che mai mi sognerei di ridurli a semplici stereotipi, come invece viene fatto in questi test.

Detto questo, quanto ad eroine toglietevi dalla testa di essere paragonate a personaggi nettamente sopra le righe come Medea, Cassandra o Antigone.
Sembra infatti che in questi pseudo "test psicologici", mascherati da giochi da spiaggia, passatempo innocui, tutte le donne finiscano irrimediabilmente per essere classificate come Rossella O' Hara,  Anna Karenina o Holly Golightly di Colazione da Tiffany.
Di conseguenza: un'arrampicatrice sociale mangia uomini che non esita davanti a nulla, pur di ottenere ciò che vuole che per inciso è Tara (leggi pure come grande casa con grande giardino) più di Rhett Butler. Oppure una provetta suicida che prima si lancia incontro alla passione alla faccia delle male lingue e poi si lancia contro un treno perché sconfitta dalle regole sociali. Per finire potreste anche essere classificate come una donna irrimediabilmente attratta dall'argenteria griffata tanto da desiderare di viverci dentro e disposta a far soldi anche con mezzucci poco chiari, ma in compenso dotata di grande stile.

"Quanto ti intendi di moda?"
Quando arriverete a scoprire che rapporto avete con la moda, senza ombra di dubbio saprete rispondere all'unisono che il classico tubino nero non può mancare nel guardaroba di nessuna donna dotata di un numero sufficiente di sinapsi.
Un test inutile e variabile come la moda stessa, ma che ci assicura di essere sempre impeccabili in ogni circostanza persino ai funerali e davanti al giudice in caso di divorzio.

"Sei una buona madre?"
Al test su quanto più o meno siate considerate madri apprensive, spartane o sciagurate spero, per chi di voi è dotata di prole, che sinceramente non vi facciate prendere dal panico.
Qui il nemico si nasconde dietro ad ogni domanda e che dire di quella trabocchetto su quale sia il modo più giusto per organizzare una perfetta festa di compleanno per i vostri figli?
Mi raccomando prendetelo con leggerezza questo test, ma non dimenticate di darci un occhio, se non altro per non sfigurare con le altre mamme.

Ed ora arriviamo al nocciolo della nostra conversazione, la perla delle perle, il motivo principale per cui sto scrivendo questo post: 
"Sei una brava moglie?"

La prima domanda che vi verrà posta nel test è sullo stato d'animo con cui affrontate il momento delle pulizie domestiche, il resto lo lascio alla vostra immaginazione di donne emancipate.

Sei una brava moglie? Sembra il titolo di un manuale per la sposa perfetta scritto per una donna degli anni '50. No dico, ma stiamo scherzando?
Perché non chiedersi allora se, in quanto creature di sesso femminile, abbiamo portato a termine la nostra evoluzione? Non si sa mai, non è cosa certa che l'uomo e la donna Sapiens abbiano fatto lo stesso percorso evolutivo, e questo dubbio credetemi le donne lo hanno da parecchio tempo, ma per altri motivi.

Potremmo anche chiederci se non sia il caso di reintrodurre il delitto d'onore, casomai non superassimo il test a pieni voti.
Proporre ad una donna di fare un test sulla sua bravura come moglie è come mettere una clava in mano al marito ed autorizzarlo ad usarla. Marito di cui nessuno si chiede se sia bravo o meno.

Vi rendete conto o no, quanto nelle più piccole cose sia chiaro che la parità è lontana anni luce?
Il ruolo a cui la donna è relegata è sempre lo stesso, fatto di conoscenze bon ton, matrimonio e maternità. 
Se esce da questo triangolo, dentro al quale è chiusa da sempre, finisce per essere additata, certo non allo stesso modo in cui capitava in epoche precedenti.
Oggi sono usati metodi più sottili.
Non sarebbe politicamente corretto dirle apertamente che il suo posto è in casa a ricamare bavaglini, ma è lecito farle pesare l'assenza da lavoro per maternità.
Non sarebbe proprio cordiale da parte della società chiederle di rinunciare alla sua indipendenza, ma la si spinge a credere fin da piccola che il suo unico sogno sia l'abito bianco.
E che dire delle donne che fanno scelte contro la "morale", di qualsiasi tipo essa sia?

Siamo libere di vestirci come ci pare, di uscire da sole, di contribuire all'economia della famiglia lavorando, ma nel 2015 ci viene ancora proposto un test per scoprire se siamo una brava moglie.
E sapete perché?
Perché nel 2015 le donne ancora lo fanno quel test, invece di sputarci sopra e indignarsi.
Nel 2015 la stragrande maggioranza delle donne sta per educare le proprie figlie a procacciarsi un marito e badate bene, non un compagno scelto con il quale condividere una parte della propria vita senza l'obbligo che sia così, ma un uomo qualsiasi che le aspetti all'altare e faccia fare loro finalmente quei maledetti, sporchi, desiderati e sudati dieci metri di navata, vestite come principesse.

Sarebbe ora che fosse la mentalità delle donne a cambiare, ma cambiare davvero senza nascondersi dietro a falsi miti di libertà femminile. Altrimenti finiremo per essere come le protagoniste degli spot pubblicitari degli anni '50, quando a renderci felici e a strapparci un sorriso era il tipo di dado giusto per fare il brodo.

E voi che tipo di donne siete? Avete provato qualcuno dei test sopra indicati? Credete di rientrare in quel tipo di caricatura femminile?
Rispondete pure donne del 2015, almeno qui siete libere di dire ciò che vi pare.

lunedì 31 agosto 2015

Teoria sull'amicizia

Ognuno ha la sua teoria sull'amicizia e se la canta e se la suona come vuole.

C'è chi si riempie la bocca della parola amici, allargando il suo giro a volte a tutta la città compresa la periferia e comuni limitrofi, il centro storico può essere limitativo, poiché più gente conosci e ti riconosce e più sei un grande.
Molti tendono ad agglomerare nella parola amici anche gli amici degli amici, i conoscenti e gli individui che si è costretti a frequentare, ma che mai si sarebbero scelti in altre circostanze, i rispettivi compagni degli amici, gli ex rimasti fedeli alla teoria del "rimaniamo amici, ma sentiamoci solo per gli auguri di natale, magari escludendo gli attuali compagni perché fa più prive'", ecc. ecc.
Insomma, siamo tutti amici e volemose bene.

Ecco, io colgo dietro a tutto questo, a parte una inopportuna facilità nell'usare la parola "amicizia"  come sinonimo di ogni rapporto sociale, una gran paura di rimanere soli e di essere giudicati degli sfigati, molta ipocrisia e tanto, tanto opportunismo.
Accade infatti che il mondo sia formato più da opportunisti che da amici. Persone che non chiameresti mai nel cuore della notte per chiedere un sostegno emotivo e che non sanno niente di ciò che ti accade perché fondamentalmente non gliene frega un'emerita cippa di te, quello che sei, provi o fai, e lo sai benissimo.  Nonostante ciò rappresentano la grande filiera dell'amicizia alla quale attingiamo tutti, prima o poi.
A loro, gli opportunisti, interessa probabilmente non rimanere a casa il venerdi sera e sapere cosa fare durante il fine settimana. Postare foto dove si mostrano amici sorridenti fino al blocco della mandibola e sembrare sempre in pista.

Son teorie come ho detto ed ognuno ha la sua, come quella che "gli amici prima di tutto"...
Teoria che condivido fino ad un margine di due o tre individui a testa perché il sentimento dell'amicizia non è elastico, non si clona e difficilmente viene spazzato via dal tempo, dalla vita e da scuse mediocri del tipo: anche se non chiamo ti penso!
Persino Gesù che pure ha moltiplicato il pane e i pesci e trasformato l'acqua in vino, al momento del bisogno gli amici veri li ha potuti contare con due mani. Si vede che, quello di moltiplicare amicizie e trasformare l'opportunismo in un valore più sacro, era un miracolo troppo difficile anche per lui che, insomma, mi sembra fosse un tipo che di miracoli se ne intendesse.

Si deve fare comunque una distinzione sul significato dell'amicizia per uomini e donne.
I primi vivono sicuramente questa esperienza con grande cameratismo e leggerezza, modi a noi donne il più delle volte sconosciuti.
Non perché non ne siamo capaci, ma solo perché più competitive.
Per gli uomini si diventa amici anche solo condividendo una serata goliardica. A loro è sufficiente essere dello stesso sesso, non creano problemi e da questo punto di vista c'è solo da ammirarli e riconoscere la loro superiorità.
Attenzione, solo da questo punto di vista, ho detto!
Anche se nutro forti dubbi che il loro senso dell'amicizia vada oltre la condivisione di qualche zingarata, una partita di calcio e dialogare sui massimi sistemi.

Per le donne la questione è un attimino più complicata.
Esistono situazioni in cui fra noi sappiamo essere più false di quando fingiamo un orgasmo, con in più la cattiveria mossa dall'invidia. Caratteristica dalla quale tutte crediamo di essere immuni, ma attente il pericolo è sempre dietro l'angolo.
Mi scoccia ammetterlo, ma siamo capaci di mandare un'altra donna sulla sedia elettrica solo perché è più figa di noi, senza neanche darci la pena di imparare a conoscerla e scoprire che magari è pure simpatica, le piace leggere e si fa come noi gli stessi film mentali.

Ci sono amicizie femminili che vanno avanti dalle scuole elementari, che nascono in sala parto o che diventano uniche perché si condividono momenti dolorosi o adolescenze irripetibili.
Sono quel tipo di amicizie esclusive, più sbandierate che vissute realmente, ma tant'è che fanno curriculum e sopratutto sono ottimi porti dove far  ritorno in tempi di magra.

Esistono amiche che spariscono, che pensi di non rivedere mai più anche se non te lo spieghi e che poi rientrano nella tua vita come se non fossero mai andate via, dimostrandoti che non ti eri sbagliata.
Al contrario di altre che hanno finto di esserci sempre, mentre invece eri solo un mezzo per sopportare il deserto della loro vita e che non esitano a venderti al mercato dell'usato per qualcosa di più conveniente.

Credo che ognuno abbia la sua teoria sull'amicizia, in base al proprio vissuto, a ciò che la vita ha insegnato e perché no, anche grazie a un po' di fortuna.
Per quanto mi riguarda l'universo è costellato da una miriade di conoscenze, di affetti sinceri e frequentazioni piacevoli, ma gli amici, quelli veri che ci sono sempre, sono al massimo due o tre in tutta la vita, tutto il resto è fuffa.

E voi cosa ne pensate?
Se non condividete questa idea e secondo voi sbaglio non abbiate timore a dirlo, in fondo non siamo obbligati a diventare amici per forza, no?!

domenica 30 agosto 2015

La figlia

Una famiglia unita e felice, un padre affettuoso che ha cresciuto con amore la sua bambina, la sua prediletta, una ragazza seria e di talento con un futuro brillante davanti a sé. Ignara che quell'uomo, il padre adorato, è  considerato il Boia dei Balcani.

L'autrice colpisce il lettore con sapienti stilettate lavorandolo ai fianchi finché non si prende le proprie responsabilità perché le guerre tutte e in questo caso quelle fuori la nostra porta di casa ci rendono tutti complici.  
Una fetta di storia che nei programmi scolastici viene ignorata, come tante altre del resto e che invece dovrebbe farne parte integrante.



mercoledì 26 agosto 2015

Affetta da distopia

Questa mattina mi trovavo a passeggiare per il parco delle Cascine, presa da ciò che risveglia i sensi nella pace silenziosa: il verde, la temperatura piacevole, i suoni della natura. 
Me ne stavo in compagnia del mio cane godendomi il silenzio e la piacevole camminata, quando ad un tratto sapete cosa mi è venuto in mente?  Di immortalare l'attimo.
Mentre stavo scattando la foto si è fatta largo nella mia mente una domanda che mi ero fatta anche altre volte, ma forse persa in quel silenzio oggi il tono che ha usato mi è parso più forte.
Cosa si nasconde dietro alla necessità quasi morbosa di fotografare, registrare, archiviare e spesso mostrare ogni istante della nostra vita? Per chi lo facciamo, per noi o per i posteri?
Possibile si tratti solo della necessità di far sapere a tutti dove sei, cosa stai facendo e cosa stai pensando? Necessità non creata dai social badate bene, ma da loro solo tirata fuori, messa in evidenza, perché quel lato di noi c'è sempre stato. Inutile prendersela con il progresso che ha come unica colpa quella di aver messo in luce il lato narcisistico racchiuso in ogni individuo.
Io credo ci sia ben altro.

E se fossimo tutti affetti da una strana sindrome? Se fossimo tormentati dalla paura di perdere la memoria?
Talmente presi da immortalare l'attimo spesso non lo viviamo fino in fondo, ma per noi sembra più importante sapere che avremo la possibilità di riguardarlo tutte le volte che vorremo.
Come se la vista fosse l'unico senso di cui ci importa veramente, ci assicuriamo che ciò che stiamo vedendo in quel dato istante non se ne voli via con i nostri ricordi.

In realtà si fanno una quantità tale di scatti, che poi provvederemo a memorizzare e salvare su qualche supporto, che mai avremo il tempo di riguardare, ma non ha importanza purché sappiamo che siano salvati.

Certamente molto più pratico e veloce del tenere un diario, l'archivio fotografico è diventato il surrogato dei nostri ricordi.
Probabilmente l'individuo si sta preparando ad un salto evolutivo, non sarà più la parola, ma la vista il modo con cui comunicheremo in futuro. In un probabile futuro i nostri archivi fotografici saranno inseriti nelle nostre menti e attraverso la nostra corteccia cerebrale, usando i nostri occhi come schermo, potremo raccontare le nostre storie. 
Lo ammetto mi si accappona la pelle al solo pensiero. Io che ancora non posseggo nemmeno un Kindle!

Mi resta difficile tuttavia pensare che tutta questa smania di registrare immagini sia dovuta solo ad un eccesso di ego, anche se sembrerebbe la risposta più facile. Che tutto sia dovuto a superficialità e fanatismo. 
Che avvenga nello stesso periodo di tempo in cui la conversazione langue, i rapporti umani si consumano tramite messaggi rapidi su un cellulare e che per ricordare i volti dei nostri amici non richiamiamo un ricordo, ma ci basta andare sul loro profilo. 
Anche tutto questo potrebbe essere un futuro possibile, un eventuale salto evolutivo. 
Un mondo dove gli individui vivono come esseri a se stanti, senza essere infettati da emozioni di alcun tipo e dove, non solo non avremo più l'uso della parola, ma avremo sicuramente perso il contatto con la realtà avendo affidato la nostra vita ad una intelligenza artificiale.

Ecco, due opzioni e due distopie, non c'è male. In realtà anche se non sembra sono una incorreggibile ottimista.
La realtà è che per immaginare un futuro a misura umana l'individuo dovrebbe forse fare qualche passo indietro e ritrovare un po' se stesso.

E voi quale credete sia, il motivo per cui si ha così tanto bisogno di immortalare il momento? Di fermare l'attimo, l'istante?
Quali futuri possibili riuscite a immaginare? 
Ma sopratutto, riuscite ancora a immaginare un futuro senza fargli una foto?


domenica 23 agosto 2015

Quei benedetti 90 minuti

Finalmente oggi inizia ufficialmente il campionato di calcio. Dio sia lodato!
È finito quel moto transitorio che muove gli individui maschi da una stanza all'altra della casa come fossero traghettati da Caronte. Spinti per tutta la pausa estiva a porsi domande esistenziali del tipo: 
- la presidenza comprerà un attaccante?
- quando arriverà il nuovo attaccante?
- ma sopratutto, chi sarà il nuovo attaccante?

Questo post non è dedicato certo a quel tipo di donne ansiose di condividere con il proprio compagno anche i sogni notturni. Disposte a sottoscrivere un abbonamento allo stadio e a indossare la maglia, pur di non mollarlo un attimo, anche se prima di conoscere il proprio lui per loro il calcio era solo un metallo nella  tavola di Mendeleev.

Mi rivolgo piuttosto a quelle donne, poche purtroppo, che sanno gioire della sparizione del proprio compagno per quello straordinario lasso di tempo che comprende: il pre partita, la partita vera e propria e il tempo necessario per tornare a casa.
Sono quelle donne con le quali intendo condividere questa giornata e renderla una data da segnare in rosso sul calendario. Quelle donne che non vedono il calcio come un rivale, ma come un alleato, che hanno atteso tutta l'estate e che bramavano distese al sole.

Inutile negarlo ci sono donne che fanno fatica a ritagliarsi del tempo per sé. 
Il lavoro, il mantenimento della casa, in molti i casi i figli e il tempo per la famiglia o la coppia.
Per una donna impegnata a tutto tondo è raro concedersi un'uscita con le amiche, un cinema, un teatro. Non perché non lo desideri, ma spesso alla fine della giornata, la stanchezza e la consapevolezza che il giorno dopo sarà uguale prendono il sopravvento.

Succede però che con l'inizio del campionato si crei una crepa spazio-temporale che tutte le donne dovrebbero sapientemente utilizzare.
Non spetta a me dirvi cosa fare nel tempo libero dal vostro lui, ma le cose sono veramente tante: pranzo con le amiche, cinema, teatro, outlet, gite fuori porta, un po' di tranquillità con l'amante.
Sono ovviamente solo spunti, idee, delle dritte, lungi da me darvi consigli non richiesti.

Sento già arrivare le lamentele di chi ha figli a carico. Mentre gli uomini sono a divertirsi spesso alle donne rimane l'onere di badare alla prole e anche se non lo ammetteranno mai perché i figli so pezzi e core, alle mamme non va proprio giù. Loro li hanno partoriti quei figli, dopo esserseli portati dietro per nove mesi come un bagaglio a mano, vanno a lavorare, si occupano di loro tutta le settimana e finalmente la domenica che possono dividere questi deliziosi e invadenti pacchettini con i compagni, loro cosa fanno? Vanno alla partita? Chiaro che per la donna non rimane tempo per sé. Ad esagerare può diventare tempo da condividere con altre mamme. Un ennesimo giorno della settimana che si ripete.

Chiariamoci subito signore mie, perché vi vedo già prese dalla polemica.
Intanto, i figli maschi possono essere spediti a vedere la partita e per quanto riguarda le figlie femmine pure. Non saremo certo noi a fare del sessismo vero?
Poi questi nonni, se ci sono, li vogliamo usare oppure no? Non vi sentirete certo in colpa per il fatto di liberarvi dei vostri figli per una mezza giornata, dopo che ve li siete spupazzati tutta la settimana, giusto?
Quindi, chiarito che una madre può staccarsi dai figli per qualche ora senza finire in un girone qualsiasi dell'inferno, questo problema mi sembra parzialmente risolto.

Adesso arriveranno le obiezioni di quelle donne che si hanno la fortuna di avere un tifoso accanto, ma anche l'inconveniente che il suddetto tifoso segua il calcio in tv.
Ascoltatemi seriamente, non è un problema anzi è una soluzione se siete restie ad affidare i vostri figli ad estranei perché  mi sembra ovvio che se rimangono in casa con il padre non c'è nessun problema.

Nel caso in cui i figli non ci fossero, parliamoci chiaro, ma credete che al vostro compagno dispiaccia davvero che lo lasciate solo a casa a godersi la partita, magari con qualche amico?
Sul serio pensate che si sentirà trascurato? Che gli mancherete e che conterà i minuti lontano da voi?
Su via signore,  a questo punto pretendo da voi un po' di onestà intellettuale!
Adesso vi lascio perché mi attende un pomeriggio in centro per negozi e poi alle 20.45, quando il fischio d'inizio sancirà l'avvento di questa nuova stagione calcistica, mi siederò a tavola in un grazioso ristorantino sulle colline di Firenze.
Come con chi? Con le mie amiche no?

P.S. A parte tutto tifo Viola naturalmente e non per motivi sentimentali, ma perché è la squadra della mia città e non potrei fare altrimenti




sabato 22 agosto 2015

Luigi Pirandello

"Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti"

La città dei ladri

Inverno del 1941 la guerra a Leningrado, una riconoscibilissima San Pietroburgo anche per il visitatore odierno. 
L'assedio, la fame, l'amicizia per caso e necessità tra due ragazzi. 
Un compito che può salvare le loro vite.
David Benioff ci regala ancora una bella storia dopo "La venticinquesima ora"


martedì 11 agosto 2015

Cagliari esiste

C'è un modo semplice per raggiungere Cagliari da Firenze: prendere il Terravision e andare a Pisa. Noi no, quest'anno abbiamo voluto esagerare.
Non ci bastavano le vacanze improvvisate, organizzate oltre ogni limite ragionevole di costo e di tempo, no abbiamo optato per un Firenze - Roma - Cagliari, perché vuoi mettere la comodità di partire da Peretola?

Premetto che la colpa di tutta questa avventura è da imputare al maltempo, spezzo infatti una lancia a favore degli operatori di Alitalia che sono stati gentili e disponibili, almeno fino ad un certo punto.

Come dicevo partiamo alle ore 13 da Firenze per Cagliari con scalo Roma con un'ora di ritardo e saliti a bordo veniamo accolti da una hostess di tutto rispetto, adatta più per un cinepanettone in quanto ad avvenenza fisica che, da donna equilibrata sono in grado di riconoscere ed apprezzare senza avere un attacco di bile.

Il volo comincia un po' ballerino, ma poi come suo solito mi concilia il sonno anche se, a onor di cronaca, devo dire che dormirei persino su un mezzo blindato durante un bombardamento.
Dopo un'ora il capitano ci annuncia che è inutile continuare a sorvolare Fiumicino come degli imbecilli insicuri poiché l'aeroporto è chiuso per un forte temporale.

Ci propone quindi l'opzione Napoli che noi passeggeri accogliamo con un po' di sconcerto, è vero che il mare c'è pure li, ma noi ci immaginavamo già a sguazzo su una bella spiaggia sarda perché insomma, non me ne vogliano i napoletani, ma la Sardegna ha sempre il suo perché.

Passano la hostess e gli stuart a tranquillizzare gli animi, più attoniti che infiammati e a fornire spiegazioni. Tale Patrizio, romano de Roma ce spiega appunto, come se stesse spiegando le regole di una partita a tre sette, che il loro compito è portarci da A a B e che poi spetterà ar personale de tera smistarci alle nostre rispettive destinazioni.
Arrivati a Napoli, senza neanche averci visti in faccia, non c'hanno fatto neppure scenne (come direbbe lo stuart Patrizio) e in attesa del rifornimento siamo rimasti chiusi nell'aereo in attesa di tornare a Roma, dove saremmo stati messi sul primo aereo disponibile per Cagliari.


Dopo due ore trascorse all'interno dell'aereo a familiarizzare con il vicinato, pasteggiando ad acqua e biscottini, gentilmente offerti dalla nostra linea aerea di rappresentanza, e maledicendo l'idea poco furba di aver messo lo smalto nel bagaglio in stiva perché il tempo per una manicure ce stava, finalmente siamo stati espulsi da Napoli e alle ore 16:15 ci siamo alzati in volo alla volta di Roma, dove il maltempo sembrava essersi calmato.

Siamo atterrati a Roma alle 16:45, ora in cui saremmo già dovuti atterrare a Cagliari.
L'aereo delle 15 che da Roma avrebbe dovuto portarci a destinazione, sempre a causa del maltempo, sarebbe partito in ritardo alle 17:30. In teoria avremmo potuto salire su quello e finirla li. Sarebbe bastata un po' di coordinazione, di cui mi duole ammettere la nostra linea aerea di bandiera è deficitaria.
Noi passeggeri, ignari di questa opportunità siamo stati spediti come dei bambini ubbidienti al banco del Traffic dove, dopo una fila di due ore e mezzo, disordinata e confusa e dove ogni arma per passare avanti al prossimo era lecita, ci è stato assegnato un posto sul volo delle 21:50.

A questo punto ci rimaneva tutto il tempo per mangiare una pizza semifredda ad uno dei tanti snack bar dell'aeroporto e girellare pigramente nei vari negozi e così abbiamo fatto, mentre venivamo via via informati del ritardo che il nostro volo continuava ad aumentare.
Finalmente alla 22:20 siamo stati imbarcati, ma le cose non sono mai semplici.

Una volta sopra abbiamo atteso viaggiatori ritardatari o che scendevano da altri voli, che caricassero tutti i bagagli e poi con molta pazienza il permesso di decollare dalla torre di controllo.
Alle 23:30 il capitano ci annuncia che ci metteremo in fila sulla pista, ma che dovremo attendere che si alzino involo gli altri otto arerei in fila davanti a noi.
Ora, capirete che l'annuncio che in coda davanti a noi ci siano bene otto aerei non è stato dei più felici. Non so per voi, ma non trovo affatto rassicurante sapere che verrò sparata in aria insieme ad altri otto razzi, che non siamo poi tanto sicuri di che direzione prendano, con il rischio di ritrovarsi nel bel mezzo di una partita a freccette.

A questo aggiungete pure che nel frattempo è scoppiato un temporale, di quelli seri, con tuoni e fulmini e tu che sei li lo sai, hai la certezza matematica che durante il volo ballerai la rumba, il twist e il cha cha cha.
Così, mentre le luci della sera calavano su Fiumicino, ci levavamo in volo per la terza volta nella stessa giornata e dopo aver ballato tutto il repertorio latino americano finalmente l'annuncio che stavamo atterrando a Cagliari.
Tempo buono, 24 gradi e la domanda che echeggiava nelle teste di tutti i passeggeri: ma non è che per caso con tutto quello che è successo si sono persi i nostri bagagli?

Durante l'atterraggio e per tutto il volo ho volontariamente ignorato il mio vicino di origini islamiche, un po' troppo nervoso  tanto da baciare una volta di troppo il libro che teneva in mano dall'inizio del viaggio e scritto in geroglifici indecifrabili per una occidentale come me.
Probabilmente aveva solo molta paura, considerata la quantità di gocce che si è ingoiato prima del decollo, ma di questi tempi inutile negarlo un sospetto qualsiasi, che non sto a specificare, sarebbe venuto anche a voi.

Una volta toccata terra abbiamo ritirato il nostro bagaglio che non era affatto partito con noi in tarda serata, ma che era all'aeroporto ad attenderci dal pomeriggio perché lui, il volo delle 17,30 lo aveva preso.



Mentre vi scrivo sono beatamente spalmata sulla spiaggia di Tueredda e il viaggio di andata  sembra solo un timido ricordo, vago come i sogni che si fatica a ricordare al mattino, ma credetemi se vi dico che per un po' non voglio sentir parlare di aerei, per una settimana almeno, il tempo che starò qui.

Sappiate comunque che Cagliari esiste e che la storiella che tutte le strade portano a Roma non è una diceria.

Vi avevo avvisato o no che non era semplice?