About me

Questo spazio nasce con l'intenzione di condividere due mie grandi passioni: leggere e scrivere.
Qui troverete le recensioni dei libri che il destino mette sul mio cammino, quelli che scelgo per istinto in libreria o che mi sono stati consigliati.
Che siano classici o novità non ha importanza, l'importante è mantenere vivo l'amore per la lettura.
In più ogni tanto troverete le mie annotazioni, il mio punto di vista su ciò che mi circonda, ciò che coglie il mio sguardo sul mondo, come fosse un piccolo diario.
Il mio nome è Anna e vi do il benvenuto nel mio grande mondo!

Anna Crisci è nata a Firenze nel 1967, dove vive tuttora.
Autrice di commedie teatrali, scrive recensioni e
consigli di lettura sul sito Firenze Formato Famiglia e gestisce questo blog che è anche pagina Facebook dove tratta,
tra l'altro, di libri e spettacoli teatrali. Con il gruppo
ConsapevolMente si occupa di organizzare eventi per promuovere la figura femminile e la difesa della donna.
Nel 2017 ha partecipato con due
racconti all'antologia tutta al femminile “Squilibri”, edita
dalla Porto Seguro e ha pubblicato il suo primo romanzo "La lista di Clelia" anch'esso edito da Porto Seguro.



giovedì 21 dicembre 2017

"Vico quando torno ti porto un fiore" di Nicoletta Manetti - SoleOmbra edizioni


Nascoste tra le pubblicazioni della piccola editoria capita, se si guarda con attenzione, di trovare delle perle ed è proprio il caso del libro di cui vi parlo oggi.

Una storia famigliare, la nostra storia, che dal 1841 si snoda dalla provincia toscana, a Nizza, Parigi, Londra, per poi tornare giù a Venezia e Firenze.

Un periodo storico importante e travagliato.
Le due guerre, il fascismo, la fame, la liberazione, il boom fino ad arrivare ai giorni nostri.

La forza e l'orgoglio, l'ostinazione e i valori, ma sopratutto l'ostinazione di mantenere una promessa ed è quello che fa il protagonista della storia: Vico

La penna di Nicoletta Manetti è elegante e raffinata, dolce e commovente, leggera ma profonda.

Il passato è un tesoro da custodire con cura e l'autrice ne ha fatto dono al lettore, aprendo il suo scrigno dei ricordi e regalando un viaggio in un'epoca segnata da avvenimenti indelebili.

Un libro per tutti. Per chi ama la storia, le tradizioni e i racconti di tempi che non ci sono più, sperando che possa entrare nelle scuole perché i ragazzi facciano tesoro di ciò che è stato.

Ho chiuso il libro con la commozione negli occhi, lo farete anche voi.


Nicoletta Manetti è nata e vive a Firenze. Ha anche partecipato, con i suoi racconti, ad alcune antologie, tra le quali "Storie (sostantivo femminile plurale)" edito da Nardini 




giovedì 14 dicembre 2017

"Una vita come tante" di Hanya Yanagihara - Ed. Sellerio

Ormai ci accingiamo alla fine di questo 2017 e mi sento di poter proclamare, per quel che mi riguarda, il libro più bello dell'anno.
"Una vita come tante" (titolo originale Little life) dell'autrice statunitense Hanya Yanagihara, ha il sapore del romanzo ottocentesco, ma moderno. 
A tratti crudele, quasi insopportabile, a tratti invece tenero e dolce.
Sono 1090 pagine di cui non ho avuto la tentazione di saltare nemmeno un rigo.
L'autrice ha una scrittura così limpida e perfetta da far innamorare dei suoi personaggi e della loro storia.
Ambientato quasi tutto a New York, vivrete in prima persona la vita di un gruppo di amici che hanno imparato ad amarsi e conoscersi fin dai tempi del college. Li amerete tutti, uno ad uno.
Il protagonista è Jude e, quando chiuderete l'ultima pagina, avrete la tentazione di trattenerlo con voi perché a Jude è impossibile non voler bene.
Il mio consiglio è di non temere la quantità di pagine perché credetemi, alla fine vi mancheranno.


Hanya Yanagihara, è nata a Los Angeles nel '74 ha scritto anche The people in the Trees (2013) 





mercoledì 8 novembre 2017

"La ventiquattrore" di Maurizio Castellani - Ed. Kimerik

Può un geometra trasformarsi in albergatore?
Seconda domanda: può un geometra che si è trasformato in albergatore, trasformarsi anche in detective?
Le risposte a questi due quesiti le avrete leggendo "La ventiquattrore" di Maurizio Castellani.

Esilarante, ironico e senza dubbio duttile, l'ormai ex geometra Marco Vincenti ci catapulta, insieme ai cambiamenti della sua vita, nella provincia pisana.
Catturando la nostra attenzione, ci guiderà verso la soluzione di un caso di omicidio, senza risparmiare al lettore il pensiero maschile che non è poi così distante da come ce lo immaginiamo noi donne...
Fra personaggi disegnati con tratti precisi, degni di un vero geometra, soprannomi azzeccati, qualche ricettina gustosa e situazioni così reali da apparire inverosimili, la caccia all'assassino è aperta.

Chi ha ucciso il Fantozzi che occupava la stanza 106? E cosa contiene la sua ventiquattrore?

Attendiamo con piacere le prossime avventure di questo simpatico e nuovo detective casalingo.




sabato 4 novembre 2017

Vi racconto una storia...

Qualche giorno fa vi ho promesso che avrei raccontato una storia, amando mantenere le promesse ed essendo la mia natura quella di una narratrice eccola qua...
Si tratta di una storia che ha a che fare con i desideri e una serie di fortunati eventi accadutami in questi ultimi mesi.
A febbraio ho compiuto 50 anni... eh si lo ammetto, sono una Pesci in piena regola. 
Al momento di spegnere le candeline, ho espresso un desiderio: forte, voluto, agognato. Insomma un vero e proprio desiderio, come quelli che si esprimono guardando la luna quando è piena oppure rincorrendo una stella che cade.
Forse, il fatto di aver espresso il desiderio davanti a candeline così importanti, è stato solo un caso, un piccolo particolare non determinante, ma a me piace pensare che ci sia un alone di magia dietro ogni avvenimento che accade nella nostra vita. 
Non è forse magia la vita stessa?
Due giorni dopo aver spedito nell'etere il mio desiderio, sono stata convocata per partecipare a un'antologia di racconti al femminile che mi ha dato l'occasione di conoscere altre scrittrici e collaborare con loro. Così è venuta alla luce l'antologia "Squilibri" pubblicata dalla Porto Seguro e che uscirà nei prossimi giorni.





Mentre la stesura dei racconti per l'antologia andava avanti, ho avuto modo di tirar fuori dal cassetto, dove attendeva come ogni sogno che si rispetti, il mio romanzo per affidarlo al suo destino.
Oggi, il figlio che è uscito di casa per cercare la propria indipendenza, è riuscito a realizzare quel mio desiderio, espresso con l'ingenuità di quando avevo sei anni, donandomi, non solo la felicità di una madre orgogliosa, anche l'emozione più simile all'amore che io conosca: la gratificazione di sé.
Il 9 novembre potrò finalmente toccare con mano la mia creatura e spero che voi possiate accoglierla con me. Nel frattempo l'emozione sale...



giovedì 2 novembre 2017

Due chiacchiere con gli autori: Anna Maria Falchi

Penso che leggere sia una delle esperienze più belle che si possa fare e spesso, quando si chiude un libro, viene la voglia di poter dialogare con l’autore, proprio per questo motivo quando ne ho l’opportunità  chiedo sempre che mi sia rilasciata un’intervista.
Questa volta ho avuto l’occasione di poter scambiare due chiacchiere con la scrittrice Anna Maria Falchi, autrice per Guanda di due libri: “L’isola delle lepri” e “La spiaggia di quarzo”.


Anna, cosa significa per te scrivere?

- Significa inventarmi ogni volta un mondo parallelo, attraverso il quale veder scorrere parte della mia vita, allontanare le paure, ripescare i ricordi, scavare nell'animo fino a scoprirmi più leggera.
Quali sono i modi in cui sviluppi il tuo processo creativo?

- Non ho un metodo, o almeno non credo. Quando sento di avere qualcosa da raccontare mi siedo davanti al computer e scrivo. Scrivo velocemente per arrivare alla fine prima possibile, per giorni non penso ad altro se non alla storia che voglio raccontare, a come svilupparla, a come portarla avanti. Non vedo l'ora di liberarmi di tutti gli impegni quotidiani per tornare sul testo, lavorarci.
Quando poi arrivo in fondo inizio la rilettura, più volte intervengo sul testo, ripulisco, levigo, rivedo alcune parti. Il momento più difficile arriva quando devo chiudere la storia. Non riesco mai a trovare un finale apprezzabile fin da subito, perché le storie difficilmente finiscono e basta, da ogni finale potrebbero nascerne altri e altri ancora e decidere di porre una fine drastica mi agita.

Come riesci combinare il tuo rapporto privato come scrittrice davanti al foglio bianco con quello della scrittrice in pubblico alle presentazioni dei tuoi libri?

- Davanti al foglio mi sento più disinvolta, non mi fa paura. So di poterlo 'imbrattare' come voglio, mi prendo le pause di cui ho bisogno, mi fermo e vado avanti come e quando lo desidero. In pubblico diventa tutto più difficile, i tempi sono dettati dalla presentazione, non posso divagare, perdermi e ritrovarmi come invece faccio mentre scrivo. E poi il pubblico mi agita. Quando scrivo sono sola, io e il foglio davanti a me, non ho fretta, non ho timore di usare la parola sbagliata al momento sbagliato, so che posso tornarci sopra e riflettere. Quando ho un pubblico davanti la situazione cambia, è tutto più immediato, diretto. Mi emoziono facilmente. Inoltre non amo parlare dei miei romanzi, una volta scritti preferisco ascoltare cosa ne pensano gli altri, i lettori, sapere se sono riusciti a provare emozioni simili a quelle che ho provato io durante la stesura.
Che tipo di rapporto hai con le tue opere durante e dopo la stesura?

- Durante la stesura leggo il testo  un'infinità di volte e in tempi diversi. Lasciar scorrere il tempo  prima di una seconda lettura mi aiuta a prendere la giusta distanza dalla storia, mi sento meno coinvolta e quindi più obiettiva, taglio e cucio senza troppi ripensamenti.
Quando il romanzo  è finito, quando ha superato la correzione di bozze ed è pronto per la stampa... beh, a quel punto aspetto la copia da inserire tra le altre nella libreria e non lo leggo più. So che, essendo trascorsi alcuni mesi dall'ultima correzione, potrei scovare parti che preferirei cambiare e, non potendo più  farlo, ci rimarrei male.
Cosa pensi della crisi dell'editoria, vedi la luce alla fine del tunnel?

- Deve esserci per forza, non si può vivere senza libri. Voglio essere ottimista, almeno questa volta.
Quali generi di letture ti piacciono e qual'é l'ultimo libro che hai letto?

-  Mi piace spaziare, leggo davvero di tutto. Amo i romanzi che scavano nell'animo umano fino a scoprire ferite profonde. Non amo particolarmente il fantasy, aspetto una storia scritta veramente bene e che mi possa entusiasmare. Fra gli ultimi libri che ho letto c’è “Lo stesso vento” di Valerio Aiolli, un bravissimo autore fiorentino. È un gran bel libro del quale sto consigliando la lettura, in genere consiglio soltanto libri che ho letto e che mi sono piaciuti.


Parla del tuo libri e spiega ai lettori perché dovrebbero leggerli 
- Ho scritto due romanzi, “L'isola del- Ho scritto due romanzi, “L'isola delle lepri” e “La spiaggia di quarzo”, editi da Guanda. Sono molto diversi tra loro, il primo è una storia familiare, un romanzo di formazione,  mentre il secondo  lo definirei un romanzo di educazione sentimentale. Ma in tutti emerge un filo conduttore comune, legato alla memoria, al ricordo. A me piace entrare e uscire dal passato, calarlo nel presente per poi allontanarlo. Il passato è parte di noi, non possiamo farne a meno, ci ha forgiato nel bene e nel male e ce lo trasciniamo dietro per tutta la vita, influenza le nostre scelte, le nostre decisioni, le nostre emozioni.

Ho scritto anche alcuni racconti per il “Decameron 2013”, un'antologia curata da Marco Vichi.
Ho scritto un racconto per Scritto nella memoria, un'altra antologia curata da Vichi per Guanda Editore. Anche in questo la storia è legata a un ricordo familiare.
Per Leonardo Edizioni ho scritto “La cripta svelata”, un breve racconto ambientato nella Cripta di Santa Reparata a Firenze, e che fa parte della collana “Narrare humanum est”, ideata da Marco Vichi e dallo storico dell'arte Sergio Risaliti. È un'idea molto bella, più autori si sono cimentati nella scrittura di storie brevi ambientate in luoghi di importanza storica e artistica della città, per avvicinare il pubblico alle opere d'arte anche attraverso la narrazione.
 Spiegare ai lettori perché dovrebbero leggermi è difficilissimo, per una come me quasi impossibile. Posso dire che il mio lettore preferito è colui che si avvicina alla lettura senza pregiudizi, che ama i salti temporali, immergersi nella vita dei protagonisti quasi fosse la sua.

Nelle tue storie il punto di vista è al femminile, si tratta di una scelta casuale? Hai mai pensato di cimentarti con un protagonista maschile?
- In molti miei racconti è una scelta casuale, faccio  parlare le emozioni e farlo attraverso  un personaggio femminile mi viene spontaneo. Ho lavorato di recente a un racconto lungo, in questo caso ho deciso di cambiare, scegliendo una voce narrante al maschile. È stata un'esperienza sfidante.
Stai lavorando a qualcosa di nuovo?
 - Non smetto mai di scrivere, non sempre lo faccio con l'intento di far leggere o di  pubblicare, pertanto posso dire che lavoro sempre a 'qualcosa di nuovo', almeno per me.
Come vivi la figura dell'editor?
-  Per ora benissimo. Ho avuto il privilegio di lavorare con un editor eccezionale, una donna dolcissima, preparata, attenta.
Ho lavorato bene con lei, mi ha dato sicurezza, mi ha aiutato a crescere, a migliorare, i suoi consigli sono sempre risultati preziosi.
Cosa consiglieresti a un novello scrittore?
-  Nonostante l'età mi considero anche io un 'novello scrittore', non so se sarò in grado di dare consigli.
Posso consigliare di non demordere mai, questo sì, e di non cadere nella tentazione delle pubblicazioni facili. A volte un testo che ci sembra perfetto necessita di una rilettura, di un consiglio. Non dobbiamo peccare di presunzione, ma rimanere umili. 
Pensi che sia difficoltoso ancora oggi per una donna farsi spazio nel mondo della scrittura?

- Oggi voglio pensare positivo a tutti i costi. La scrittura non ha differenze di genere, io questo voglio proprio crederlo.
Se una storia è bella, ben raccontata, scritta con cura e attenzione, se suscita emozioni, allora  sarà lei a farsi spazio nel mondo editoriale.



ANNA MARIA FALCHI
Nasce a Firenze nel 1967. All’età di un anno si trasferisce con la famiglia in Sardegna, a Solanas, piccola frazione di Cabras, nella provincia di Oristano, dove vive infanzia e adolescenza. Nel 1988 lascia l’isola per tornare a Firenze, dove attualmente risiede.

lunedì 16 ottobre 2017

"25 piccole storie perverse" di Chiara Novelli - Ed. Porto Seguro

Si può parlare di ossessioni sessuali, parafilie, personalità deviate, mantenendo classe e raffinatezza?

La risposta è si, se a raccontare è Chiara Novelli, scrittrice, poetessa e pittrice fiorentina dalle doti descrittive innate.

Con la sua scrittura pulita, limpida e leggera, vi accompagnerà in un viaggio attraverso mondi sconosciuti e quando chiuderete il libro, dopo aver letto l'ultima pagina, non potrete fare a meno di chiedervi se avete solo sognato.

Da leggere se siete in cerca di emozioni nuove e se non temete l'ignoto.






martedì 18 aprile 2017

"Un insolito grigio" di Massimiliano Di Saba - Ed. Giovane Holden

Di norma, prima leggo i libri e poi, se sono fortunata, mi capita di conoscere gli autori, questa volta è successo il contrario.
Massimiliano Di Saba mi ha consegnato il suo "Un insolito grigio", così come si affida il proprio figlio a una nuova baby sitter e con molta curiosità l'ho letto.

Come l'autore stesso lo definisce, si tratta di "una storia semplice, vera. Perché tutte le storie sono vere".
Quella che ci racconta lascia l'amaro in bocca, come spesso avviene quando si scava nel passato, sopratutto se quel passato non siamo stati noi a gestirlo, ma lo hanno fatto gli altri per noi.
Così capita che il protagonista, Fabrizio Giuliani, a sessant'anni decida, per fare un passo avanti, di tornare indietro. Solo in questo modo scoprirà i fatti che poi hanno determinato la sua vita e le sue scelte. Complice il suo gatto che in segreto muove le pedine della scacchiera.

Un libro breve che invoglia alla lettura e di cui ringrazio l'autore di avermene fatto dono.
Coraggio Massimiliano, aspettiamo altre storie "semplici", ma vere.
E, naturalmente, non perdete di vista il gatto...

giovedì 16 marzo 2017

"Il giunco mormorante" di Nina Berberova Ed. Adelphi

Capita a volte di provare nei confronti della lettura, sebbene sia una grande passione, una certa stanchezza. 
Una forma di insofferenza che tiene distanti dall'inizio di un nuovo libro.
Questo è quel che è accaduto a me in questi ultimi tempi fino a che, tramite una cara amica, il libro giusto non è venuto a bussare alla mia porta.


Piccolo, breve eppure denso di significato, "Il giunco mormorante" di Nina Berberova, è veramente un dono..
Un piccolo scrigno dove è  racchiuso più di un messaggio.


"Se permettiamo a qualcuno di organizzare la nostra no man's land, alla fine, secondo logica, arriveranno a rinchiuderti in una lussuosa camera di un lussuoso albergo, e bruceranno i tuoi libri, e allontaneranno da te tutti quelli che ami. Basta cedere una volta - e non ci saranno più limiti, e tutto ti verrà tolto.... Dove saranno allora mistero e libertà? Le due guardie, l'inquirente, il giudice - tutti si installeranno sul tuo pezzetto di terra"

Settantanove piccole pagine colme di poesia, adatto anche ai più pigri.


giovedì 9 febbraio 2017

"Ovunque tu sarai" di Fioly Bocca - Ed. Giunti

Anita è una giovane donna che per rendere felice sua madre, ormai molto malata e in fin di vita, le scrive lettere dipingendo la realtà della propria vita come lei stessa vorrebbe che fosse: un buon lavoro, una relazione appagante con il suo fidanzato, progetti per creare una famiglia.
Peccato che la realtà sia diversa e che Anita dovrà scoprire come camminare nella vita, per potersi guadagnare ciò che il destino ha in serbo per lei.
Come una favola scorre questa storia, fatta di dolore, gioia e lezioni di vita.

"La morale, se una morale esiste, è che la vita, come le fiabe, è un insieme di segni, di coincidenze. Che, se ci stai attento, ti portano là  dove è il tuo posto."
Fioly Bocca è laureata in Lettere e vive nel Monferrato.
"Ovunque tu sarai" (2015) è il suo romanzo di esordio, nel 2016 è uscito sempre per Giunti "L'emozione in ogni passo".

giovedì 2 febbraio 2017

"Mi chiamo Lucy Barton" di Elisabeth Strout Ed. Einaudi

L'autrice narra la storia di una donna ma anche di tutte, narra di quanto siano difficili i rapporti familiari e quanto facili le incomprensioni. 


Lucy è costretta a trascorrere un lungo periodo di degenza in ospedale ed è proprio li che, dopo anni di lontananza e silenzio, ha l'occasione di rivedere sua madre che per cinque giorni lascia l'Illinois e la raggiunge per assisterla a New York, della quale la Strout ci regala una bella fotografia. Così la protagonista ripercorre la sua vita, fatta di un'infanzia povera e di un presente diverso da come se lo era immaginato.


La storia di Lucy ci indica una strada, che è quella che dobbiamo trovare dal nostro cuore verso l'esterno, evitando di farci travolgere dalla vita senza che questa ci insegni la lezione più importante: aprirsi agli altri e lasciare che gli altri si aprino a noi, fino a comprendere e ad amare senza giudizio, poiché ognuno è frutto delle sue esperienze, nelle quali rimane invischiato senza possibilità di uscirne a meno che non si cerchi di capire l'altro.


Un libro che si posa sul cuore con la leggerezza di una farfalla che vola via non appena abbiamo trovato la chiave per aprirlo ai nostri ricordi.

Elisabeth Strout è nata nel Maine ma vive da molti anni a New York.
Con la raccolta di racconti "Olive Kitteridge" ha vinto il Premio Pulitzer nel 2009



venerdì 27 gennaio 2017

Non dimenticare mai

Nell'estate del 2014 mi trovavo in Polonia per un'amichevole fra Fiorentina e Real Madrid, ed è stata la scusa per visitare Varsavia e Cracovia e conoscere un paese pieno di risorse e in continua crescita.

Un viaggio che consiglierei ad occhi chiusi, ma le cui impressioni non ho subito messo per iscritto perché significa necessariamente tirar fuori delle emozioni forti.
 
Non si può descrivere la Polonia e le sue bellezze, senza parlare della ricostruzione e della memoria.
Non potrei mai parlare di Varsavia, senza dire che è risorta dalle macerie, anche se proiettata nel futuro. Non posso raccontare Cracovia, senza associarla alla visita fatta ad Auschwitz e Birkenau. 


Oggi parlerò proprio di questo, dell'impatto che ha avuto su di me una giornata trascorsa in luoghi che si vorrebbe non fossero mai esistiti.
Se appartenete a quel gruppo di persone, purtroppo non troppo ristretto, che ancora oggi non conoscono la differenza tra campo di concentramento e campo di sterminio, tranquilli, una volta li non la dimenticherete mai più.



All'arrivo a destinazione, il pullman lascia i turisti all'accoglienza, perfetta e senza sbavature, del personale addetto alle visite, impeccabilmente professionale.
Le guide, che parlano ogni lingua, sono in gran parte giovani che riescono a trasmettere, nel corso delle loro spiegazioni, tutto il dolore che il loro popolo si porta dietro, come un bagaglio a mano e del quale non può e non vuole disfarsi perché sa che dimenticare sarebbe offensivo, innaturale e molto,  molto pericoloso.
La guida per gli italiani quel giorno si chiamava Eva e non la ringrazierò mai abbastanza per aver mostrato, spiegato e cercato di trasportarci in quel tempo, mai abbastanza lontano.
La nostra guida è stata capace di creare con noi una tale empatia, con ciò che quei luoghi significano, da lasciare, alla sottoscritta sicuramente, un ricordo indelebile di ciò che le fotografie non possono raccontare a pieno.

Più che i numeri sono gli oggetti, gli indumenti personali, le matasse di capelli a lasciare il segno.
Sapere che i deportati arrivavano con il sogno e la speranza di una nuova vita e che molti di loro morivano già, per fortuna, durante il viaggio.
Conoscere l'ironia cattiva del regime nazista che aveva circondato il ghetto di Cracovia, anticamera dei campi,  con mura che avevano l'aspetto delle lapidi dei cimiteri ebrei.
La crudeltà usata verso chiunque non corrispondesse al loro ideale.
 
Un progetto per eliminare non solo gli ebrei, ma tutte quelle categorie di persone vittime dell'orribile disegno di una follia:
etnie scomode, omossessuali, donne, vecchi e bambini che non fossero utili per il lavoro nei campi, malati, storpi.
La violenza e la pazzia degli esperimenti, lo sfruttamento di quelle vite che duravano non più di tre mesi, il disprezzo totale verso i propri simili.
Il commercio fatto di tutto ciò che poteva essere utile: capelli, denti, protesi.
 
Voglio essere onesta e probabilmente non politicamente corretta, prima di noi è entrato un gruppo di tedeschi e non ho potuto fare a meno di chiedermi, alla fine, con quali emozioni ne siano usciti loro.
Io, che mio malgrado appartengo ad un paese che era loro alleato, ne sono uscita sporca di una colpa che non potrà mai essere ripagata, mai perdonata.
 
Possiamo però fare qualcosa, se davvero lo vogliamo, guardarci intorno perché il mondo non sembra aver capito, anzi sembra piuttosto aver dimenticato.
Oggi è il giorno della memoria ed è giusto che ci sia, ma la memoria va coltivata ogni giorno perché ogni giorno nel mondo continua ad esistere l'odio e l'orrore della follia umana.
Questo è ciò che non dobbiamo dimenticare mai.
 
 
(Foto gentilmente concesse da Alessio Mancini)

giovedì 26 gennaio 2017

"Mare di papaveri" di Amitav Ghosh - Ed. Neri Pozza

"Mare di papaveri", ambientato a metà del XIX secolo, è un libro che porta a vivere atmosfere esotiche lungo le rive del Gange.
Grande protagonista il veliero Ibis, sul quale convergono i destini di tutti i personaggi del romanzo.
 
L'autore, miscelando il linguaggio indigeno con quello inglese (andando a ripescare termini appartenenti a lingue ormai perdute), ci introduce in un mondo lontano dominato dalla schiavitù, dal razzismo e dal mercato dell'oppio, facendoci intravedere all'orizzonte l'avvicinarsi della guerra tra Impero Britannico e Cina.
 
Le mie considerazioni, del tutto personali, non sono molto positive. Ho fatto non poca fatica a metabolizzare 400 pagine colme, non solo di termini difficili da pronunciare e da comprendere, ma anche di infinite descrizioni di ogni tipo, compresa ogni minima manovra nautica della Ibis, termini pesanti che aimè sfuggono ai profani e rischiano di vedere presto abbandonato il testo.
Difficile quindi ingranare con la lettura. Ed ecco che, anche quando poi si arriva finalmente ad affezionarsi ai personaggi e a comprendere come l'uno sia legato all'altro, la storia si interrompe come se andasse via la luce.
 
È vero che "Mare di papaveri" fa parte di una trilogia, ma è anche vero che i tre libri non sono legati fra loro quindi è probabilmente vana la possibilità per il lettore di riprendere le fila della storia e soprattutto, avendo fatto una gran fatica a terminare il primo siamo sicuri che sia interessato a proseguire la lettura?
Amitav Ghosh, nato a Calcutta nel 1956, è scrittore, giornalista e antropologo. Oggi vive tra New York e Goa ed è considerato il più grande scrittore indiano di lingua inglese.
Della trilogia sulla Ibis, oltre a "Mare di papaveri" (2008), fanno parte "Il fiume dell'Oppio" (2011) e "Diluvio di fuoco" (2015) 

mercoledì 25 gennaio 2017

Un giorno speciale per la letteratura

"Chi mai potrà misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando rimane preso e intrappolato in un corpo di donna?" (Una stanza tutta per sé, 1929)





Il 25 gennaio 1882, nasce a Londra Adeline Virginia Woolf, scrittrice, saggista e attivista, considerata come una delle principali figure della letteratura del XX secolo.
Attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i due sessi fu, nel periodo fra le due guerre, figura di rilievo nell'ambiente letterario londinese.
Le sue più famose opere comprendono i romanzi La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927) e Orlando (1928). Tra le opere di saggistica emergono Il lettore comune (1925) e Una stanza tutta per sé (1929).
"Una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi"
I suoi lavori sono stati tradotti in oltre cinquanta lingue, da scrittori del calibro di Jorge Luis Borges e Marguerite Yourcenar.

A parte le notizie biografiche, rintracciabili liberamente su internet, è l'impronta che questa donna straordinaria ha lasciato e continua a lasciare la cosa più importante.
Sia come lettrice, sia come "scrittrice" (ed è con grande umiltà che mi definisco tale) ma soprattutto come donna, riconosco la grande immagine che Virginia Woolf  rappresenta nel mondo della letteratura.
Leggendo le sue opere Diario di una scrittrice e Una stanza tutta per sé, ho trovato non solo una grande insegnante ma anche grande affinità e amicizia. Una donna che precorreva i tempi, avanti nelle scelte e nello stile di vita. Nemmeno nel momento della morte ha rinunciato ad avere l'ultima parola e al suo diritto di scelta.
Oggi è l'anniversario della sua nascita e mi è sembrato giusto farle gli auguri a modo mio, un umile pensiero, da donna a donna, da scribacchina a scrittrice.
Augurandomi che ogni donna possa prendere esempio da lei, vi lascio con una sua celebre frase tratta ancora da Una stanza tutta per sé:
"Per tutti questi secoli le donne hanno svolto la funzione di specchi, dotati della magica e deliziosa proprietà di riflettere la figura dell'uomo a grandezza doppia del naturale"
Auguri Virginia


venerdì 20 gennaio 2017

"Splendi più che puoi" di Sara Rattaro Ed. Garzanti

Laureata in biologia e in scienze della comunicazione Sara Rattaro pubblica il suo primo romanzo nel 2010, mentre nel 2016 pubblica "Splendi più che puoi" basato su una storia vera che, con molto tatto e rispetto, l'autrice ha riportato non senza esitazioni.


Racconta la storia di Emma, una donna che ama e che vuole essere felice, una donna che non crede di dover temere l'uomo che invece crede la debba proteggere.
Una storia di violenza domestica come ce ne sono fin troppe, un problema che è necessario non dimenticare.


Un libro per chi ci è passata e per chi crede di non passarci mai perché l'errore più grande che una donna può commettere è pensare: a me non succederà.


"Non esiste la coppia perfetta, amarsi per sempre, nutrire infinita fiducia o costruire un rapporto del tutto privo di minacce. Esistono solo impavide persone che nonostante tutto ci riescono."



giovedì 12 gennaio 2017

"Canto della pianura" di Kent Haruf - Ed. NNE


Amo molto le storie che narrano della provincia, della vita che scorre inconsapevole delle tragedie umane, dove piccoli centri abitati sembrano essere il centro del mondo, mentre il mondo ignora la loro esistenza, fatta di giorni che si susseguono inesorabili seguendo il ritmo delle coltivazioni e del bestiame.

"Canto della pianura" parla proprio di tutto ciò e racconta quel che succede agli abitanti della cittadina di Holt, facendoci conoscere nel quotidiano la storia semplice del Professor Guthrie e dei suoi figli, Ike e Bobby, dei vecchi fratelli McPheron, della giovane Victoria e della Professoressa Maggie Jones, permettendoci di fare un breve tratto di strada con loro.

Kent Haruf nasce nel 1943 in Colorado, figlio di un pastore metodista e di un'insegnante.
Prima di diventare scrittore svolge vari lavori, come bracciante agricolo, assistente ospedaliero, bibliotecario e docente universitario.
Nonostante altri scritti raggiunge la notorietà solo a 56 anni con "Canto della pianura".
Muore nel 2014 all'età di 71 anni.
Tutti i suoi romanzi si svolgono nella citta fittizia di Holt nelle pianure del Colorado.
"Canto della pianura" (1999) è il primo di una trilogia al quale seguono "Crepuscolo" (2004) e "Benedizione" (2013).