Questa mattina mi trovavo a passeggiare per il parco delle Cascine, presa da ciò che risveglia i sensi nella pace silenziosa: il verde, la temperatura piacevole, i suoni della natura.
Me ne stavo in compagnia del mio cane godendomi il silenzio e la piacevole camminata, quando ad un tratto sapete cosa mi è venuto in mente? Di immortalare l'attimo.
Mentre stavo scattando la foto si è fatta largo nella mia mente una domanda che mi ero fatta anche altre volte, ma forse persa in quel silenzio oggi il tono che ha usato mi è parso più forte.
Cosa si nasconde dietro alla necessità quasi morbosa di fotografare, registrare, archiviare e spesso mostrare ogni istante della nostra vita? Per chi lo facciamo, per noi o per i posteri?
Possibile si tratti solo della necessità di far sapere a tutti dove sei, cosa stai facendo e cosa stai pensando? Necessità non creata dai social badate bene, ma da loro solo tirata fuori, messa in evidenza, perché quel lato di noi c'è sempre stato. Inutile prendersela con il progresso che ha come unica colpa quella di aver messo in luce il lato narcisistico racchiuso in ogni individuo.
Io credo ci sia ben altro.
E se fossimo tutti affetti da una strana sindrome? Se fossimo tormentati dalla paura di perdere la memoria?
Talmente presi da immortalare l'attimo spesso non lo viviamo fino in fondo, ma per noi sembra più importante sapere che avremo la possibilità di riguardarlo tutte le volte che vorremo.
Come se la vista fosse l'unico senso di cui ci importa veramente, ci assicuriamo che ciò che stiamo vedendo in quel dato istante non se ne voli via con i nostri ricordi.
In realtà si fanno una quantità tale di scatti, che poi provvederemo a memorizzare e salvare su qualche supporto, che mai avremo il tempo di riguardare, ma non ha importanza purché sappiamo che siano salvati.
Certamente molto più pratico e veloce del tenere un diario, l'archivio fotografico è diventato il surrogato dei nostri ricordi.
Probabilmente l'individuo si sta preparando ad un salto evolutivo, non sarà più la parola, ma la vista il modo con cui comunicheremo in futuro. In un probabile futuro i nostri archivi fotografici saranno inseriti nelle nostre menti e attraverso la nostra corteccia cerebrale, usando i nostri occhi come schermo, potremo raccontare le nostre storie.
Lo ammetto mi si accappona la pelle al solo pensiero. Io che ancora non posseggo nemmeno un Kindle!
Mi resta difficile tuttavia pensare che tutta questa smania di registrare immagini sia dovuta solo ad un eccesso di ego, anche se sembrerebbe la risposta più facile. Che tutto sia dovuto a superficialità e fanatismo.
Che avvenga nello stesso periodo di tempo in cui la conversazione langue, i rapporti umani si consumano tramite messaggi rapidi su un cellulare e che per ricordare i volti dei nostri amici non richiamiamo un ricordo, ma ci basta andare sul loro profilo.
Anche tutto questo potrebbe essere un futuro possibile, un eventuale salto evolutivo.
Un mondo dove gli individui vivono come esseri a se stanti, senza essere infettati da emozioni di alcun tipo e dove, non solo non avremo più l'uso della parola, ma avremo sicuramente perso il contatto con la realtà avendo affidato la nostra vita ad una intelligenza artificiale.
Ecco, due opzioni e due distopie, non c'è male. In realtà anche se non sembra sono una incorreggibile ottimista.
La realtà è che per immaginare un futuro a misura umana l'individuo dovrebbe forse fare qualche passo indietro e ritrovare un po' se stesso.
E voi quale credete sia, il motivo per cui si ha così tanto bisogno di immortalare il momento? Di fermare l'attimo, l'istante?
Quali futuri possibili riuscite a immaginare?
Ma sopratutto, riuscite ancora a immaginare un futuro senza fargli una foto?
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