About me

Questo spazio nasce con l'intenzione di condividere due mie grandi passioni: leggere e scrivere.
Qui troverete le recensioni dei libri che il destino mette sul mio cammino, quelli che scelgo per istinto in libreria o che mi sono stati consigliati.
Che siano classici o novità non ha importanza, l'importante è mantenere vivo l'amore per la lettura.
In più ogni tanto troverete le mie annotazioni, il mio punto di vista su ciò che mi circonda, ciò che coglie il mio sguardo sul mondo, come fosse un piccolo diario.
Il mio nome è Anna e vi do il benvenuto nel mio grande mondo!

Anna Crisci è nata a Firenze nel 1967, dove vive tuttora.
Autrice di commedie teatrali, scrive recensioni e
consigli di lettura sul sito Firenze Formato Famiglia e gestisce questo blog che è anche pagina Facebook dove tratta,
tra l'altro, di libri e spettacoli teatrali. Con il gruppo
ConsapevolMente si occupa di organizzare eventi per promuovere la figura femminile e la difesa della donna.
Nel 2017 ha partecipato con due
racconti all'antologia tutta al femminile “Squilibri”, edita
dalla Porto Seguro e ha pubblicato il suo primo romanzo "La lista di Clelia" anch'esso edito da Porto Seguro.



venerdì 1 luglio 2016

Dal carcere


Ci sono molti modi di finire in carcere, noi abbiamo scelto di entrarci grazie ad un mezzo universale come il teatro.

Quindici giorni fa abbiamo mandato via mail al Carcere di Sollicciano il nostro documento d'identità perché fosse controllato e accettata, o meno, la nostra richiesta di poter assistere allo spettacolo "Dal carcere" della Compagnia di Sollicciano. 
La sera dello spettacolo ci presentiamo come richiesto alle ore 20, in Via Minervini alla Casa Circondariale del carcere.
Abbiamo consegnato il documento in originale e siamo stati scortati all'interno.

Per noi fortunati che viviamo al di fuori di quella realtà, ci pare di entrare in un complesso industriale, una fabbrica, questa è l'apparenza. Arriviamo a metà percorso e dopo aver pagato il biglietto ci viene chiesto di lasciare borse e cellulare negli armadietti. Ci viene quindi affidata una chiave registrata a nostro nome e che restituiremo all'uscita.
Fatto ciò ci avviamo al teatro, non prima di essere salutati dalla voce di un detenuto che ci urla qualcosa, dalla sua cella in una costruzione piu distante, mentre osserva il nostro arrivo che forse gli sarà parso un'intrusione.

Veniamo accolti da tre personaggi con indosso il classico costume da carcerato e sul volto delle grandi maschere che rappresentano brutti ceffi. La scelta di travestirsi come l'immaginario collettivo pensa sia un detenuto l'ho trovata molto ironica, ma non senza una punta di provocazione che a malincuore ho dovuto accettare.

A sipario chiuso abbiamo udito il "merda, merda, merda" che ogni compagnia teatrale grida prima di andare in scena e spontaneo l'applauso del pubblico ha sancito il rito scaramantico.
Scenografia essenziale sulla quale troneggia un grande orologio, simbolo di ore, giorni, anni. Tutti uguali, sempre gli stessi, infinito tempo.

Quattordici gli attori in scena.
Si attori non detenuti, su quel palco erano uomini liberi di raccontarsi, di cercare di spiegarci il loro mondo dietro a mura di cemento.
Così parte il racconto delle loro vite in carcere, da quando entrano a quando usciranno. Non ha importanza il motivo per cui sono li, ma quello che il carcere fa provare loro.
Tanta auto ironia, simpatia, emozioni, in un testo di cui sono anche autori: "il carcere è l'unico posto dove ti muovi, ma rimani sempre fermo".

Alla fine la domanda che ci pongono, usando il codice cifrato che i detenuti usano per comunicare a distanza con la sezione femminile, e che ci hanno insegnato condividendolo con noi, è "il carcere funziona?"

La maggior parte dei detenuti sopravvive al carcere grazie all'uso di psicofarmaci. Gran parte di loro una volta usciti ci torneranno.
Un terzo dei decessi è dovuto al suicidio.
Per noi che siamo usciti e tornati alle nostre vite è stata un'esperienza, per quanto suggestiva, momentanea. Sta a noi fare in modo di non dimenticare per far si che qualcosa possa cambiare.
"Il carcere l'ha inventato qualcuno che non c'era mai stato"( Riso amaro di G. De Santis)

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