"Mare di papaveri", ambientato a metà del XIX secolo, è un libro che porta a vivere atmosfere esotiche lungo le rive del Gange.
Grande protagonista il veliero Ibis, sul quale convergono i destini di tutti i personaggi del romanzo.
L'autore, miscelando il linguaggio indigeno con quello inglese (andando a ripescare termini appartenenti a lingue ormai perdute), ci introduce in un mondo lontano dominato dalla schiavitù, dal razzismo e dal mercato dell'oppio, facendoci intravedere all'orizzonte l'avvicinarsi della guerra tra Impero Britannico e Cina.
Le mie considerazioni, del tutto personali, non sono molto positive. Ho fatto non poca fatica a metabolizzare 400 pagine colme, non solo di termini difficili da pronunciare e da comprendere, ma anche di infinite descrizioni di ogni tipo, compresa ogni minima manovra nautica della Ibis, termini pesanti che aimè sfuggono ai profani e rischiano di vedere presto abbandonato il testo.
Difficile quindi ingranare con la lettura. Ed ecco che, anche quando poi si arriva finalmente ad affezionarsi ai personaggi e a comprendere come l'uno sia legato all'altro, la storia si interrompe come se andasse via la luce.
È vero che "Mare di papaveri" fa parte di una trilogia, ma è anche vero che i tre libri non sono legati fra loro quindi è probabilmente vana la possibilità per il lettore di riprendere le fila della storia e soprattutto, avendo fatto una gran fatica a terminare il primo siamo sicuri che sia interessato a proseguire la lettura?
Amitav Ghosh, nato a Calcutta nel 1956, è scrittore, giornalista e antropologo. Oggi vive tra New York e Goa ed è considerato il più grande scrittore indiano di lingua inglese.
Della trilogia sulla Ibis, oltre a "Mare di papaveri" (2008), fanno parte "Il fiume dell'Oppio" (2011) e "Diluvio di fuoco" (2015)
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